Gregario all’R&D Centre for bicycle di Ludhiana, Punjab, India

Gregario è noto per fornire una gamma di eccellenti servizi di progettazione di biciclette b2b, ma non ancora per fornire corsi e workshop. Non è raro per noi viaggiare fuori dall’Italia per fornire tale competenza con passione. Siamo stati lieti di essere selezionati come esperti internazionali da un rappresentante dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO) per organizzare un seminario sulla progettazione di biciclette per il Centro di ricerca e sviluppo per biciclette e macchine da cucire a Ludhiana (RDCBSM), India.

Come sapete, Gregario non è solo Salvatore, ma è piuttosto un laboratorio aperto dove di volta in volta vengono coinvolti esperti per collaborare. In questo caso, per fornire l'approccio più ampio ho collaborato con un vecchio amico, Paolo Baldissera (Ingegnere Meccanico e PhD) del Politecnico di Torino. Paolo ha una vasta esperienza nella ricerca applicata, è fondatore e consulente tecnico del Team Policumbent, e il suo amore per la scienza della bicicletta lo rendono perfetto in linea con la mia filosofia.

 

Ci è stato chiesto di creare un corso su misura su argomenti specifici legati alla progettazione di biciclette e abbiamo accettato la sfida. Abbiamo collaborato con Unido e il Centro R&S per creare un programma di 3 giorni che consentisse ai partecipanti di avere una panoramica completa sulla progettazione delle biciclette, sui processi di produzione e sugli argomenti correlati all’ingegneria. Abbiamo trovato subito un buon rapporto e l’impegno è stato apprezzato, tanto che dopo qualche mese abbiamo concordato un secondo corso, in cui abbiamo offerto altri 3 giorni, ma con una visione più approfondita dell’analisi agli elementi finiti dei componenti delle biciclette in una formazione pratica.

 

 

 

 

Ai due workshop hanno partecipato manager e ingegneri del settore R&S e di tutte le industrie di biciclette indiane. Ci siamo recati appositamente a Ludhiana, nel Punjab, dove ha sede il centro.

Per quanto riguarda la nostra filosofia, abbiamo fatto in modo che tutte le richieste fossero attentamente incentrate sul compito principale: imparare a progettare una bicicletta e i suoi componenti. I partecipanti erano così interessati che ci hanno sottoposto numerose richieste aggiuntive, perciò abbiamo cercato, per quanto possibile, di riorganizzare il programma e di fornire maggiori informazioni laddove erano più interessati. Torniamo ora al loro lavoro: siamo certi che porteranno con sé le nuove conoscenze e competenze acquisite.

 

 

 

Era la prima volta che incontravamo l’India, la sua cultura e la sua industria ciclistica. Alla fine possiamo dire che anche noi abbiamo imparato molto e ci siamo divertiti molto. Incontriamo un’industria in via di sviluppo, i suoi attori, le associazioni dei cicli (AICMA) e dei componenti (UCPMA), alcuni dei loro imprenditori e manager e i ragazzi che lavorano innanzitutto nell’area dello sviluppo. Ludhiana è attualmente la “bike-valley” dell’India e dopo un primo sguardo ai loro programmi, possiamo dire che sono sulla strada giusta per diventare un futuro attore sul mercato, grazie all’aiuto dell’UNIDO e del governo indiano.

Ma la storia non finisce qui. Gregario si impegna per trovare soluzioni e fornire loro supporto. Ci piace molto incontrare e lavorare con il team dell’R&D Centre e non vediamo l’ora di collaborare ulteriormente con loro in futuro. Un enorme ringraziamento all’UNIDO e ai suoi rappresentanti che hanno contribuito a rendere questo progetto un’opportunità davvero positiva per tutti i soggetti coinvolti.

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Blog | 29 Marzo 2024

Fatto a mano

In Gregario coltiviamo da sempre stima e rispetto per la tradizione telaistica artigiana del nostro bel Paese, quella che si dedica ad una nicchia di prodotto “classico” intramontabile, con l’acciaio in primis, ma anche con il carbonio fasciato e altre tecniche tipiche dell’atelier.

Dunque lunga vita agli artigiani telaisti e a chiunque si dedichi a preservare e tramandare una ars technica nobile e affascinante!

Ciò premesso, ci è capitato di incrociare recentemente alcuni post social di diversi stimati artigiani della bicicletta che esaltando le (indubbie) qualità dei propri telai mettono il loro “fatto a mano” in contrapposizione ai telai “stampati” in carbonio monoscocca. Detta così sembra una rivendicazione più che legittima, ma questa narrazione induce una disinformazione importante su COME vengono effettivamente prodotti i telai “stampati”… vale a dire con un lavoro manuale decisamente più impegnativo e oneroso di qualsiasi tecnica di giunzione degli otto tubi.

Eh già, perchè non stiamo parlando di stampare biscotti, bensì di disporre accuratamente oltre 200 sagome di tessuto (carbonio preimpregnato) all’interno di uno stampo. Parliamo di ritagli che vanno dalla pezza “lunga” 40 cm a francobolli di pochi cm, che devono essere posizionati a mano secondo uno schema preciso (il cosiddetto ply-book), con sovrapposizioni accurate, risvolti da gestire e direzioni della fibra da rispettare. E questa è soltanto una buona metà del lavoro, perché poi, a seconda della tecnologia di cura della resina utilizzata, ci sono una serie di ulteriori operazioni da fare, sempre rigorosamente a mano.

Nel caso dell’autoclave (tecnica più diffusa in Europa) è necessario disporre con estrema cura i sacchi interni, chiudere i due semistampi senza “pizzicare” nulla, disporre una serie di materiali ausiliari, chiudere il sacco esterno, applicare il mastice per collegare i sacchi interni con l’esterno e così via fino al momento in cui tutto viene mandato a temperatura e pressione. Inoltre, finita la “cottura”, si procede, ancora una volta a mano, con l’apertura dello stampo, l’estrazione del pezzo e fasi di finitura. Tutto ciò con una serie di possibili varianti operative in cui non ci addentriamo.

Dunque non c’è niente che sia più “fatto a mano” di un telaio monoscocca in carbonio.

Blog | 11 Agosto 2023

Pedalare Meditando

Ogni pedalata ben riuscita è prima di tutto un’attività di meditazione.

Ci si trova, prima o dopo, durante il percorso, ad entrare in una sorta di trance: i polmoni ventilano, il cuore pompa, la memoria muscolare ingrana il pilota automatico: intensità, tempismo, coordinazione, riflessi. Il cervello a questo punto deve “solo” tenere d’occhio le buche e gli altri utenti della strada (e non è poco), ma, considerata la potenza di calcolo disponibile, si ritrova mediamente disoccupato. I problemi quotidiani vengono improvvisamente convocati ad una riunione mentale rapida e risolutiva: si risolve ciò che è risolvibile, si ridimensiona ciò che non è importante, si apre un improvviso sguardo “laterale” su ciò che pareva insolubile. La doccia al rientro consolida i pensieri, fissa le idee fondamentali e siamo pronti per affrontare nuove sfide personali e professionali.

 

Tutto questo però succede solo ad una condizione: l’assenza di dolore. La fatica non è un problema, quella fa parte del gioco, è voluta e desiderata dal ciclista, ma il dolore è tutta un’altra storia, il dolore rovina tutto. Un ginocchio che si infiamma, un fastidio insistente al collo o un bruciore inatteso all’inguine possono compromettere tutto il piacere meditativo. Il cervello non riesce a focalizzarsi su altro: “magari se arretro un po’ sulla sella… no, ora provo in piedi… niente da fare, torno ad impugnare alto… nulla, magari uno sprint aiuta a sbloccare, macchè… che faccio? Mi sa che devo rientrare”. Obiettivo mancato e conseguente delusione.

 

Poi magari si aspetta qualche giorno, anche una settimana e si riprova. E che frustrazione quando quel dolore torna a farsi sentire, magari dopo qualche decina di km in cui ci ha lasciato covare l’illusione di una pedalata ben riuscita. Anche nell’ipotesi di abbassare il ritmo e concludere senza acciacchi le uscite seguenti, lo stato mentale è compromesso: si passa il tempo ad ascoltare i nervi, a registrare ogni minimo segnale, nel timore di riconoscere nuovamente l’inizio di quel dolore.

 

Nel peggiore dei casi si entra in un loop di visite mediche, sessioni di bike-fitting, cambi di sella/manubrio/attacco/riser/tacchette/regolazioni/ecc. E in tutto questo ci si ferma ad un certo punto a pensare: dov’è finito quel piacere di inforcare la nostra fedelissima, imboccare la strada ed entrare rapidamente in quella bolla di meditazione?
Chiunque abbia conosciuto questo percorso sa che un telaio su misura rappresenta la soluzione più efficace e duratura. Un telaio su misura è progettato per adattarsi alle caratteristiche fisiche e morfologiche del ciclista, garantendo una postura ottimale, una distribuzione equilibrata del peso e una minore pressione sulle articolazioni. Grazie a questa personalizzazione, il rischio di dolore e infortuni si riduce drasticamente, permettendo di godere pienamente di ogni pedalata e mantenendo la mente concentrata sull’essenza del viaggio. Investire in un telaio su misura è investire nel proprio benessere fisico e mentale, ritrovando quella meditazione in movimento che rende il ciclismo una delle esperienze più gratificanti e liberatorie. Solo così, il ciclista potrà riscoprire il vero significato di quella bolla di meditazione su due ruote, dove il corpo, la mente e la strada si fondono in perfetta armonia.

 

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